C’è una dieta seguita da diverse celebrità che aumenta il rischio di morte cardiovascolare. Uno studio ha confermato la connessione.
Un particolate metodo di digiuno intermittente causerebbe dei danni all’organismo con aumento delle probabilità di insorgenza di un problema cardiovascolare. Scopriamo i risultati pubblicati dallo studio.
Le persone che intraprendono un percorso di perdita dei chili in più lo fanno per ritrovare il peso forma e soprattutto il benessere fisico. Il sovrappeso e l’obesità, infatti, possono causare malattie come il diabete, l’ipertensione, l’ictus ischemico. Bisogna controllare la qualità dell’alimentazione e praticare esercizio fisico per evitare l’insorgenza di gravi problematiche. Ecco che si inizia una dieta per perdere i chili in eccesso. C’è chi si rivolge ad un nutrizionista e chi segue un nuovo regime fai da te riducendo i carboidrati e gli zuccheri. Negli ultimi anni è esplosa, poi, la moda del digiuno intermittente.
Il nuovo metodo di dimagrimento prevede lunghe pause tra un pasto e l’altro. Comporta la quotidiana astensione o drastica limitazione dall’assunzione di cibo durante un preciso arco temporale. La pratica può essere impostata in vari modi, il più comune è 16:8 ossia un digiuno di sedici e otto ore. Proprio questo tipo di digiuno intermittente aumenterebbe il rischio di morte cardiovascolare.
Uno studio ha rivelato come le persone che seguono la dieta 16:8 con possibilità di mangiare unicamente durante una finestra di otto ore e un digiuno di 16 ore hanno il 91% di possibilità in più di morire per una patologia cardiaca rispetto a chi rispetta periodi di 12 o 16 ore. I ricercatori invitano, dunque, ad un approccio più cauto al digiuno intermittente e personalizzato lasciandosi aiutare da un medico competente.
La ricerca ha riportato come coloro che soffrono di una malattia cardiovascolare e mangiano nella finestra temporale compresa tra le otto e dieci ore al giorno hanno maggiori possibilità (66%) di incorrere in ictus o malattie cardiache letali. Lo studio è stato condotto su 20 mila adulti degli Stati Uniti di età media 49 anni. La ricerca è durata in media otto anni ed è stata presentata all’Epidemiology and Prevention / Lifestyle and Cardiometabolic Scientifica Sessions 2024 dell’American Heart Association (Chicago).
Mangiare in un tempo limitato, dunque, sembrerebbe essere sbagliato ma la ricerca ha dei limiti. I risultati, ad esempio non tengono conto del valore nutrizionale delle diete seguite dai partecipanti. Tale variabile, invece, potrebbe influire notevolmente sui riscontri. Occorrerà indagare, dunque, in modo più approfondito sulla dieta 16:8 anche se altri esperti nutrizionisti hanno pochi dubbi, il metodo in questione è troppo limitante.
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